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Se questi son squadristi

Gianfranco Fini domenica parla a Mirabello e tutti sono già in fermento perché potrebbe sancire la nascita di un nuovo partito. I suoi seguaci ricordano che sarà un discorso rivolto alla nazione (e la peppa!) e hanno fatto sapere che ci sarebbero delle carovane pronte a raggiungere il cento ferrarese per contestare il presidente della Camera. Li avrebbe organizzati il ministro MV Brambilla: una gita fuori porta.

La gestione dei finiani, nel Pdl, è stata in certi momenti patetica: ben prima di queste direttive ai capi sezione per organizzare i pullman punitivi, si erano prestati alle risate alcuni ex colonnelli (leggi La Russa e Gasparri) che avevano garantito il premier sui numeri di Futuro e libertà, troppo bassi per mettere in difficoltà il governo. Cannandoli di grosso. Il resto lo hanno fatto gli altri vertici (da Verdini a Bondi) che si sono fatti pigliare in giro da un Bocchino qualunque.

E questi sarebbero squadristi?

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Niente orgoglio, solo pregiudizio

Silvio Berlusconi ha dunque deciso di tirare avanti con il governo. Tra le tante letture che sono state date a questa decisione, trova spazio anche quella per cui potrebbe essere un modo per lasciare i finiani allo scoperto: Pdl e Lega garantiscono la maggioranza, Futuro e libertà contratta su un 5% del programma definito dal Cavaliere una settimana fa e, a rigor di logica, se i numeri venissero meno, sarebbe per colpa di quest’ultimi.

Intanto tra i “dissidenti” si fa strada un virus pericoloso, quello del pregiudizio. Le omelie di Filippo Rossi su Farefuturo e di Italo Bocchino su Generazioneitalia hanno ben poco di orgoglioso, quanto piuttosto il sapore di pregiudizio nei confronti della figura del Cavaliere, sintomo diffuso dalle parti di Repubblica, Unità e il Fatto e che non ha mai portato a nulla. Dato per spacciato un sacco di volte, Berlusconi è ancora in sella.

Ci si è messa d’impegno anche Flavia Perina, urlando al linciaggio nei confronti di Elisabetta Tulliani. Ha aggiunto la sua, come sempre, Farefuturo. Eppure non ci pare, a memoria, di aver letto certe cose quando – molte volte – sono state messe in circolo insinuazioni, comprese quelle spudoratamente sessuali, sul conto del ministro Mara Carfagna. E pensare che arriva dalla scuderia campana di Bocchino.

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Il ballo del mattone (e strani cambiamenti)

L’ultimo duro scontro nel centrodestra tra berlusconiani e finiani ha per protagonista la casa di Montecarlo dove alloggia la famiglia Tulliani, della quale fa parte Elisabetta, compagna del presidente della Camera. D’altronde, Scajola si è dimesso da ministro dello Sviluppo economico per colpa di un appartamento pagato a sua insaputa: in Italia si può tirare in ballo di tutto, eccetto le case.


I mattoni però volano in ogni senso, da quelle parti. Generazione Italia ieri ha pubblicato un post di Adriano Falanga il cui titolo originale “Ma non dobbiamo puntare (solo) sull’antiberlusconismo” oggi si è trasformato in “Una scelta coraggiosa“. Un modo forse per stemperare gli animi (o una ritirata precipitosa?), se non fosse che dall’altra parte l’ha sparata grossa Giorgio Stracquadanio, direttore del Prederllino.it che ha tirato in ballo la vicenda Boffo, aggiornandola di un anno, con nuovi protagonisti e scenari. Nel frattempo, Gianfranco Fini ha querelato il Giornale: la compagna Elisabetta ha raddoppiato, puntando anche su Libero. A Farefuturo, invece, hanno individuato un clan di giornalisti nelle vesti dei manzoniani “bravi”, al soldo del padrone Cavaliere.

Meglio chiudere il cantiere e andare tutti in vacanza. Arrivederci.

(thanks to Simone Bressan per le immagini).

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Facce di tolla

E dunque i finiani sono ad un passo dal formare un nuovo gruppo autonomo parlamentare, mentre il presidente della Camera difenderà con le unghie e con i denti la propria carica. Il premier ha parlato, ha spiegato i motivi di questa scelta, subito si sono scatenate le reazioni a furor di agenzie stampa. Al di là di come sia finita – conclusione inevitabile, pensiamo da queste parti -, è desolante l’atteggiamento delle seconde linee, diciamo così. Gente che conta poco, ma che vuole dire la sua.

Pare che da una parte del fronte giri una barzelletta per cui sul treno esploso a Bologna il 2 agosto 1980 c’era un biglietto intestato a Silvio B. Sul’altro fronte, la battuta è un ever green: “Fini chi?”. Simpatici no? Pare proprio che sedici anni di abbracci e strette di mano abbiano lasciato il segno e a questo appunto ci attendiamo robe del tipo: “Fascista!”, “Mafioso!”.

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La logica delle tribù

Se l’Italia è il paese delle divergenze parallele, non c’è nulla di cui stupirsi se dal 1994 solo un partito non è morto per rinascere sotto altre spoglie (la Lega Nord) e se ogni due per tre saltano fuori le correnti. Tutti le odiano, ma nessuno può farne a meno al punto che scatta la corsa a quale movimento è destinato a durare di meno. Il premio deve consistere nella spartizione delle poltrone che contano altrimenti non ha senso fondare un partito per affossarlo dopo un anno – un anno e mezzo – due. Fino a pochi mesi fa, un discorso del genere valeva per il Partito democratico: oggi calza a pennello al Pdl che non ha perso un’elezione, ma semplicemente è alle prese con dei regolamenti di conti interni.

Così, per passatempo. E’ infatti accaduto che sono venute allo scoperto le tribù che popolano la nostra politica. Massimalisti, riformisti, dorotei, andreottiani, gramsciani, rautiani: la storia parlamentare è costellata di galassie da quando venne fatta l’Italia, non gli italiani. Oggi come ieri: finiani e berluscones si tirano fango addosso come se fossero alle Olimpiadi. Tra le due fazioni c’è un odio – sì, chiamiamolo così – tale che sorge spontanea la domanda: ma che si sono uniti a fare?

Preoccupa la tendenza tra i giovani. L’anno scorso per lavoro ho intervistato alcuni di loro alla vigilia del congresso che ha sancito la nascita del Popolo della libertà, con un occhio di riguardo verso quelli di Alleanza nazionale che si è sempre fatta vanto delle sue organizzazioni come Azione universitaria e Azione giovani. Era tutto un contagio in quelle dichiarazioni: nel senso che promettevano a vicenda di contagiarsi con la voglia di fare, con l’entusiasmo e altre robe di tal fattura nella nuova e fallimentare esperienza di Giovane Italia. Pochi mesi dopo ho ricontattato una delle persone intervistate che non ce la faceva più: con i giovani di Forza Italia erano già ai coltelli tra i denti.

Lo scontro Cavaliere – Fini è una scena già vista. Solo che finché scazzano tra loro i discepoli nessuno ci fa caso. Peccato, soprattutto perché nemmeno i nuovi Capezzone cercano di venirsi incontro, impegnati come sono a voler fare i grandi.

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Congressi a tutto spiano

Uno per fondare, l’altro boh, il terzo per chiudere baracca.

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