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Sentenze

«Ma come fai ad essere contento? Sei un berlusconiano e pure un po’ leghista!». E’ quello che mi sono sentito dire una volta venuti a galla i risultati di Roma. Come se fosse proibito ad un elettore di centrodestra del nord essere soddisfatto per una netta vittoria nella capitale. Invece sì, sono ben contento. Per una lunga serie di motivi, come si suol dire in codesti casi.

Anzitutto, la sconfitta di Rutelli è la sconfitta di Veltroni, ex sindaco di Roma nonché leader di quel Pd che, magari, a Roma davvero ci sperava di vincere. Almeno per rialzare la testa. Seconda cosa, ha vinto un esponente di Alleanza nazionale, che certamente commise qualche errore da ministro dell’Agricoltura, però è pur sempre un candidato che non ha mai nascosto – né si è mai vergognato – della sua storia politica. Non sarà di certo quella catenina con la croce celtica a rendermelo antipatico e distante anni luce perché cammino sul sottile confine Pdl – Lega. Almeno imparino un po’ di storia.

Concerti e notti bianche. ‘A bamboccioni, sveglia!

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Sconfitta su tutta la linea. Gotica

Ve lo ricordate il Pd? Quel Partito democratico che aveva aperto una nuova era nella politica italiana? Quello delle primarie già scontate, ma comunque sempre primarie erano? Eccolo, il nuovo Pd: sembra così vecchio dopo nemmeno tre mesi di campagna elettorale. E dopo le elezioni, dove è rimasto sconfitto dal Popolo della libertà, nato da un predellino in piazza San Babila, dato per spacciato e considerato tomba politica del Cavaliere, ora partito di governo.

Walter Veltroni, nell’ultima settimana, ha infilato ancora di più il coltello nel cuore. Ha segato dal principio l’idea di un gemello del nord, che si interessasse esclusivamente del nord e che sapesse rialzare la testa dopo il successo della Lega nord. Proprio lui, quel Walter che aveva candidato quel Calearo e che era sbarcato in Veneto e Lombardia per dire che lui del nord si sarebbe preso cura. Per fortuna, non lo sapremo mai se diceva bugie o meno.

Ps: ve lo ricordate lo spot del Pd? Carino, simpatico. Con quel tema ripreso dai Village People. Bene: avete notato il nuovo spot della Coop? Carino, simpatico. Con quel tema ripreso dalla canzone “Si può dare di più”. Ma è davvero così difficile essere originali a sinistra?

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Ma scusa di che?

Questi tre hanno deciso di restare a Madrid perché ha vinto Berlusconi. Grazie, ci fate un grande piacere.

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Non c’è da meravigliarsi

 L’ultima copertina dell’Economist è una storia già sentita. Il prestigioso settimanale, quando si tratta di Berlusconi, riesce sempre a dare sfogo a tutta la spocchia inglese (e vorrei sottolineare l’aggettiva inglese) che lo contraddistingue. D’altra parte, uno dei collaboratori made in Italy è tale Beppe Severgnini. Quindi, non c’è motivo di meravigliarsi per certe scelte.

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Sì, Silvio ha vinto

Lo si capisce da quanto è patetico questa sera Santoro.

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La Lega non ti frega

I giornalisti italiani sono davvero inimitabili. In questi giorni sono impegnati nella spasmodica ricerca di qualche leader leghista da intervistare e degli elettori che hanno fatta balzare così in avanti il partito di Umberto Bossi. Ovviamente il tutto condito da una analisi sociologica che chiarisca le idee a tutti i quanti suoi motivi di tale successo elettorale. Così prima i leghisti erano montanari, brutti, sporchi e cattivi. Oggi un campione da analizzare, una specie che pareva in estinzione e poi, eccoli lì, ancora vivi.

Il voto operaio. Il voto della classe medio-bassa. Il voto dei delusi. Lo spettacolo è da una parte divertente e, dall’altra, pure deprimente.

La Lega ormai ha assunto un ruolo istituzionale con i cinque anni del Berlusconi II, rimanendo l’alleato più fedele e suonando la carica all’esecutivo quando questo si appisolava su questioni stupide che gli sono costati parecchi consensi. Ha imparato la lezione del 1996 e non ha creduto alle lusinghe romano-veltroniane che pretendevano di fare breccia candidando Calearo in Veneto. Ma la Lega è tutt’altra cosa. E’ un movimento radicato territorialmente, organizzato e quel tanto populista che basta per raccogliere l’incavolatura generale su alcuni temi, sicurezza in primis, perché la situazione è ingestibile a riguardo. E poi è il partito del nord, il partito che ha portato alla ribalta la questione settentrionale agli occhi della classe dirigente politica interamente concentrata su quella meridionale, al punto da considerare la così detta Padania un frutto da spremere il più possibile per rimediare agli sprechi finanziari.

Non è lotta Nord vs. Sud. E’ matematica. Calcolo razionale. Non occorre spedire i cronisti come segugi sui passi di Bossi, Maroni e Calderoli. E nemmeno su quelli di chi li ha votati. Sarebbe bastato studiare la materia quando era il momento. E bastava mettersi in testa che, come diceva quello slogan, la Lega non ti frega. Non più.

Ps1: qui.

Ps2: qui.

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Ben fatto

Non siamo friulani. Però lui lo è ed è anche nostro amico. Quindi di fronte a questa notizia siamo contenti.

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Pensieri in libertà

La vittoria è stata grande, anzi grandissima. Al di là di ogni ragionevole previsione. Le corse clandestine lasciano il posto ai dati reali che regalano all’Italia una bellissima vittoria. A piene mani, a mani basse, come meglio si preferisce. I numeri dicono chiaro e tondo che oltre alla Camera c’è il Senato e, quindi, poche storie, i presupposti per durare e lavorare ci sono. Pertanto, niente autogol. Se è vero come è vero che l’Italia di oggi è in condizioni precarie, un passo alla volta e si andrà lontano.

Il Pd è un mezzo fallimento. Se così non fosse, a sinistra non passerebbero le ore post batosta ad insultarsi come se niente fosse. Racimolano una figuraccia dietro l’altra. Yes we can, ripeteva il caro Walter. Il caro Walter è rimasto sulla soglia del suo loft e il nuovo che avanzava è già irrimediabilmente vecchio perché la storia è sempre la stessa. Cercare di riciclarsi, vendendo fumo e giocando anche la carta Calearo per conquistare il nord. Il nord mica si fa prendere in giro. Piuttosto il Partito democratico è l’unica opposizione di questo nuovo governo di centrodestra. L’augurio è che si possa lavorare assieme quando occorre, senza scordare chi ha vinto le elezioni.

Il nord ha ruggito e tutti qui a parlare di timore-Lega. La Lega non è un timore, ma una certezza. La prima è che l’8 e passa per cento di consensi è frutto di una territorialità ripagata. Il partito di Umberto Bossi si fa sentire con i suoi toni sopra le righe qualche volta, ma soltanto perché ci tiene a ricordare a tutti che i problemi che vanno affrontati sono sopra le righe: criminalità, depressione economica – depressione perché la volontà c’è, ma viene immancabilmente decapitata dall’assoluto protagonismo statale e governativo – e prese in giro durate anni. Il successo leghista è l’insuccesso della sinistra perché la Lega, checché se ne dica, è un partito che sta tra il popolo e non si veste in cachemire.

Tutti a piangere l’assenza di una destra e di una sinistra nel Parlamento. E’ la democrazia, bellezza. Senza referendum e robe varie, il voto espresso dagli italiani ha segato le gambe a quegli agglomerati di voti che hanno stretto il laccio alla vita di un esecutivo da una parte e dell’altra. Chiedere a Prodi per avere conferma. Una volta tanto che le cose si semplificano – sperando che tale semplificazione continui il più a lungo possibile – ecco che saltano fuori i piagnistei per i vecchi tempi che dovevano essere superati. Si decidano lor signori. Di solito, meno siamo, meglio si sta.

Ha vinto chi ha saputo alzare la testa e a mostrare il coraggio di cambiare. Questo Popolo della libertà era nato da un predellino in piazza San Babila a Milano ed ora si ritrova a Palazzo Grazioli a Roma per preparare il futuro. Tutti a sfotterlo questo Silvio, dato ormai per tramontato. Fini ci ha messo un po’, ma da persona furba e saggia qual è ha capito. Casini ha preferito continuare da sé, rimanendo di un soffio a galla, sempre che davvero non si tratti di un mezzo affondamento. Ci vuole coraggio quando le cose vanno male. Berlusconi il coraggio lo aveva dimostrato nel 1994. Quattordici anni dopo, è ancora lì pronto a giocarsi un’altra finale. In attesa che scelga il futuro non solo dell’Italia, ma anche del centrodestra.

Sembra quasi impossibile che sia accaduto in Italia. Ma tutto questo ha avuto luogo qui, in questo dannato Paese che ha voluto rialzarsi.

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Si poteva fare

Ed infatti lui ha vinto.

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Sana lettura

Colpiti come siamo dalle ingiurie del tempo, teniamo lo stesso a assicurare gli interlocutori delle altre liste di avere seguito con elettrizzazione crescente il dibattito sui valori che ha preso piede dopo le prime, comprensibili reticenze. La signora Santanché che resta verticale, parecchie colleghe che si disporrebbero in orizzontale, l’Amor nostro che (forse) la Santanché se la farebbe, quest’ultima che manco morta gliela lascerebbe vedere, il candidato Veltroni che luma le ragazze, però pure la moglie, il senatore Salvi il quale si astiene sul fatto che siano più bone a destra, garantendo però che scopino meglio a sinistra, il sesso nascosto dietro ai cespugli dei giardinetti, quello a pagamento nei capannoni industriali delle periferie, una volta riadattati, e insomma, tutto questo complesso di argomenti delicati e intimi, che si è fatto vitalmente largo nell’ultimo scorcio di campagna elettorale, avremmo voluto discuterlo con la passione che merita. Ci scusiamo per non averlo fatto. Il fatto è che quando, col dovuto tatto, abbiamo chiesto alle nostre amiche Orsoline di mettere per una volta giarrettiere e tacchi a spillo, sapeste le occhiatacce.

Andrea’s version, il Foglio, 11 aprile 2008

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