Cool Conservative

“Né i conservatori né gli umoristi credono che l’uomo sia buono. Ma quelli di sinistra sì”. È una delle massime di P. J. O’Rourke, giornalista e autore statunitense che così racconta la sua visione delle cose, ricordando quando negli Anni ’60 si conformò al pensiero dominante tra i giovani americani, abbandonando le sue posizioni politiche: “Almeno non sono mai stato un liberal. Sono passato dall’essere un repubblicano ad un comunista e poi sono tornato immediatamente repubblicano”. Un simpatico mascalzone che ha ragione, ma non del tutto.

Il conservatore si porta dietro un certo pessimismo cronico, un mix tra realismo e cinismo che agli occhi di chi guarda alle cose attraverso gli stereotipi e i pregiudizi lo rendono un bastardo, un usurpatore, un retrogrado. Un reazionario (bellissima parola ormai caduta in disuso). È poi vero che i conservatori mettono in conto la necessità di limitare le tendenze pericolose degli uomini facendo uso di legge e ordine (Law and Order) e – quando proprio occorre – della forza militare. E quello pensa: fascisti (stereotipo).
Il conservatore al contrario è ganzo, figo, originale…

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1 Commento

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Una risposta a “Cool Conservative

  1. Nella prefazione al Manifesto dei conservatori, di Giuseppe Prezzolini, Sergio Romano sottolinea invece l’aspetto della naturale ineguaglianza degli uomini, sul quale mi trovo perfettamente d’accordo:
    “Al centro di ogni mutevole strategia conservatrice vi è la ferma convinzione – talvolta ipocritamente taciuta o non chiaramente formulata – che gli uomini non nascono uguali e diventano, con il passare del tempo, ancora più disuguali di quanto non lo fossero al momento della nascita. In altri tempi il conservatore riteneva che il modo migliore per affermare concretamente il principio della disuguaglianza fosse quello di affidare le funzioni del potere, per quanto possibile, a un ristretto ceto sociale. Oggi, in condizioni alquanto diverse, il conservatore cerca di raggiungere lo stesso obiettivo con altri mezzi: la scelta dei migliori e la selezione naturale. Ma la preoccupazione è sempre la stessa: tradurre nella realtà il principio che gli uomini non sono uguali, che le loro opinioni non hanno lo stesso peso e che la responsabilità non può essere distribuita a pioggia sul corpo sociale. Il conservatore non ama la democrazia ugualitaria perché essa tende sempre a cancellare il confine tra l’intelligenza e l’ignoranza, tra l’esperienza e l’improntitudine, tra la competenza professionale e il dilettantismo, tra la serietà e la demagogia. Il conservatore è ostile allo Stato sociale quando esso tende a neutralizzare quei severi meccanismi di selezione da cui dipende in ultima analisi la scelta dei migliori e il riconoscimento del merito.”

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