Archivi del mese: settembre 2009

Ruote bucate

Roma, 30 set. – (Adnkronos) – «Responsabilmente esamineremo la situazione. Abbiamo fatto un intervento molto posivito nel settore auto, se quando scade il provvedimento c’è necessità e convenienza di rinnovarlo il governo non si tirerà indietro». Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi, a SkyTg24, a proposito dell’appello dell’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne per una nuova serie di incentivi al settore auto.

Come non detto, a proposito della destra berlusconiana.

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Cavaliere, basta parole!

Dunque, secondo Dario Franceschini “la destra berlusconiana in questi anni ha rappresentato lo Stato come un nemico, come una entità ostile che ti complica la vita e ti deruba attraverso le tasse, che ti imprigiona nella burocrazia”. Concordiamo con il segretario del Pd per dire che concordiamo con quello che sarebbe un bel progetto: vedere davvero la destra berlusconiana fare tutto quello che ha paventato Franceschini.

E’ già nato pure un gruppo su Facebook al quale abbiamo aderito. Ora però dal Cavaliere attendiamo una mossa, magari che sparissero Irap e studi di settore. Magari, diciamo, perché non vorremmo mica provocare un terremoto di rivoluzione, vero?

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Toh, che robe in Germania

La Merkel si conferma, si libera dei socialdemocratici e riparte con i liberali. Nonostante la crisi. I soliti noti toppano come sempre.

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In Usa la blogosfera sfonda a destra

Un’estate gettata alle ortiche. È quella che hanno trascorso i blogger democratici, giornalisti, ragazzi e gente comune che hanno disperatamente tentato di accogliere l’invito di Barack Obama perché sostenessero la sua proposta di riforma sanitaria, costata caro all’inquilino della Casa Bianca in termini di popolarità in tutti gli Stati Uniti. Il presidente americano aveva chiesto il loro aiuto perché smantellassero le bugie dei media tradizionali, ma la campagna si è rivelata un fallimento. C’è di più: social network come Facebook e Twitter mai come in questi mesi hanno registrato un’invasione ad opera di internauti conservatori. Così quella che doveva essere un’offensiva si è trasformata in una ritirata. Al punto che lo stesso Obama lunedì scorso ha detto di essere pronto a finanziare i giornali americani, travolti dalla crisi economica, perché «il buon giornalismo è assolutamente fondamentale per la democrazia». In realtà tenta di mettere un bastone tra le ruote ai nuovi media – come i blog – che l’hanno sommerso di critiche.

Eppure la sinistra americana è pronta a giocare al rilancio facendo leva sull’ambientalismo. E se Obama, durante la conferenza all’Onu, dice che siamo ad un passo dalla catastrofe naturale, dai blog democratici parte il tam tam per sensibilizzare gli americani ad un mondo pulito. Era già tutto scritto nell’agenda di Netroots Nation, movimento che raggruppa alcuni dei siti filo-democratici più cliccati, come l’onnipresente “Daily Kos”, e che poco più di un mese fa si è riunito a Pittsburgh, la città che ha ospitato il G20, al “David L. Lawrence Convention Center”, centro congressi classificato come un gioiello di eco-compatibilità. «Ogni settimana diversi scienziati ci descrivono come il global warming stia cambiando la vita sulla terra», avvertono ora i blogger, «e come le condizioni continueranno a peggiorare se non ci liberemo dei gas serra». Tra le organizzatrici della campagna c’è Kate Sheppard, reporter politica per “Grist”, rivista on line che si occupa di ecologia.

Fatica sprecata perché la blogosfera sta premiando le penne vicine ai repubblicani. Matt Lewis, firma conservatrice del sito PoliticsDaily.com, ha giustificato la nuova tendenza sostenendo che i repubblicani si sono liberati del «complesso di inferiorità verso il mondo on line» perché ai tempi in cui la blogosfera ha fatto capolino nel mondo politico, erano al comando. Ora che si trovano all’opposizione, ne stanno sfruttando tutte le potenzialità, muovendosi abilmente tra i blog e i social network anche per rilanciarsi come immagine, dopo i bisticci interni che hanno seguito la sconfitta alle Presidenziali di un anno fa. Una delle stelle nascenti tra i blogger conservatori è quella di Michelle Malkin, pronta a correre per il Senato alle elezioni di mid term del 2010 in Colorado. La 38enne Michelle, nel suo blog, si descrive anzitutto come «madre e moglie» che nasconde però un terribile segreto: «In verità, scrivo con la mano sinistra».

Il momento di gloria delle firme (digitali e non) della destra a stelle e strisce è stato sancito dall’ultima copertina dell’edizione americana della rivista Time, dedicata a Glenn Beck, commentatore politico sulla cui aggressività si è dibattuto a lungo: fa bene o male al clima politico americano? Beck di certo non le manda a dire. Durante un suo programma radiofonico, nell’ottobre 2006, ha risposto così ad un ascoltatore: «Buon per voi, avete un cuore, potete essere liberal. Ora, associate il vostro cuore al vostro cervello e potete essere conservatori».

Dario Mazzocchi, © Libero

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La contessina del Fatto

da Notapolitica.it

Nelle scorse settimane Renzo Bossi, il figlio del leader del Carroccio, è stato al centro di forti polemiche scatenate sul web perché correva voce che avesse un incarico da 12mila euro al mese al Parlamento europeo e che fosse membro del consiglio direttivo della società per l’Expo 2015 di Milano. Fu un tam-tam velocissimo via Facebook e blog per esprimere un disappunto generale. Oggi nelle edicole ha fatto la sua comparsa il Fatto, il quotidiano del triumvirato Padellaro – Colomdo – Travaglio, e nell’organico della redazione compare anche il nome di Beatrice Borromeo, l’ex Pasionaria di Santoro ad Annozero, assunta come giornalista praticante.

Beatrice Borromeo e il fidanzato Pierre Casiraghi

Beatrice Borromeo e il fidanzato Pierre Casiraghi

Nessuno fiata, eppure la notizia c’è e i motivi per esprimere dissenso pure. La categoria dei giornalisti da tempo non vive momenti di gloria, la qualità scema (ma ci si giustifica dietro alla scusa della libertà di espressione messa in pericolo da Silvio Berlusconi) e sono più i prepensionamenti che le assunzioni.

Figuriamoci per i praticanti o aspiranti tali: ormai passano tramite le scuole, o meglio i master, di giornalismo, le cui alte rette permettono all’Ordine di fare cassa e di sfornare quelli che sono stati definiti “ghiaccioli a gennaio” da Enrico Mentana, nel corso di un incontro con alcuni studenti del master dell’Università statale di Milano. La contessina Boromeo ha tutto il diritto di svolgere il suo praticantato, ma la sua assunzione è ridicola e una presa in giro per chi da anni combatte una guerra contro una burocrazia corporativistica che ha finito (come era nella logica dei Fatti) per peggiorare la situazione, tra abusivismo e faticacce mal retribuite.

Anche se oggi, gli stessi che si divertivano a dare della trota o del pirla a Renzo Bossi, rispondono: “Che ci vuoi fare, si sa che funziona così”. Ma la sensazione è che questa volta nemmeno i compagni di reparto radical-chic abbiano digerito il Fatto, ma tacciono e soffrono in silenzio.  Tant’è che la contessina Borromeo è praticante e allora già ce la sogniamo la notte che esce di redazione dopo una dura giornata di lavoro tra desk e stesura di articoli, scelta delle foto e titoli che sappiano attirare la curiosità del lettore. Forse è la volta buona che si mette a faticare. Anche se fare i giornalisti è sempre meglio che lavorare.

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Caccia al bianco in Sudafrica: in quindici anni uccisi 3.000 agricoltori dai razzisti neri

Il governo sudafricano non ha ancora digerito l’asilo politico che il Canada ha concesso agli inizi di settembre a Brandon Huntley, 31enne bianco originario di Città del Capo, vittima di attacchi razzisti da parte di connazionali neri. Decisione che potrebbe rivelarsi un precedente scomodo per la classe dirigente del Sud Africa, guidata dall’African National Congress, il partito di Nelson Mandela di ispirazione socialcomunista, oggi presieduto da Jacob Zuma, capo di Stato nero nella cui fedina penale compare anche uno stupro nei confronti di una donna malata di Aids.

La difesa

«È tutto falso», continuano a commentare dal governo, ma i numeri smentiscono. Dal 1994, anno dell’abolizione dell’apartheid, ad oggi sono all’incirca 2.500 gli allevatori di origine bianca rimasti vittime delle violenze di criminali di colore. La cifra è confermata dalla commissione per i Diritti civili del Sud Africa, voluta dallo stesso Mandela nel 1995. In un rapporto reso pubblico lo scorso giugno, si segnala un incremento del 25 per cento dei casi di omicidio nei confronti di bianchi negli ultimi quattro anni, tanto che “Genocide Watch”, una organizzazione internazionale con base negli Usa, ha esplicitamente parlato di genocidio a danno dei boeri, il termine olandese per indicare i farmers, gli allevatori che nel corso del 18° secolo colonizzarono parte della regione.

Le vittime ufficiali

Nel Paese, le associazioni boere che si occupano di denunciare i casi di violenza nei loro confronti si muovono soprattutto tramite internet, dovendo fare i conti con il muro di silenzio delle istituzioni. Dalle testimonianze raccolte, le vittime ufficiali aggiornate al 2 maggio scorso sarebbero addirittura 3.047. Oltre al danno, la beffa: lunedì la commissione di Pubblica sicurezza ha reso noto che più di 200 funzionari della pubblica amministrazione sono colpevoli di diversi reati che vanno dalla guida in stato di ubriachezza alla corruzione. Il radioso futuro per lo stato dell’arcobaleno, tante volte promesso dal partito di Mandela, è ancora ben lontano dal rivelarsi una realtà.

Dario Mazzocchi

© Libero

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Folgore

Finalmente oggi hanno celebrato i funerali. Perché la retorica degli ultimi giorni ha stancato e non poco. Vi ricordate le polemiche durante la battaglia di Falluja quando i nostri soldati sparavano ai terroristi iracheni e, magari, commentavano le scene con frasi del tipo: “L’ho preso! L’ho preso!”. I media li avevano tratteggiati quasi fossero mercenari, gente senz’anima e morale. Assassini.

Da una settimana gli stessi media li dipingono quasi fossero eroi, angeli, figure che non appartengono a questo mondo. Da queste parti, crediamo semplicemente che siano morti facendo il loro mestiere (che comporta, purtroppo, anche la morte in alcune occasioni). Lo diciamo di fronte all’esempio di un padre che è stato paracadutista, 185° Folgore.

Ai soldati italiani facciamo solo un augurio: che da domani non si parli più di loro, così avranno il rispetto che si meritano.

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Sciacalli

repubblica-afghanistan

Secondo il quotidiano di Ezio Mauro il governo è già in crisi. A cadaveri ancora caldi, ci danno dentro i soliti noti.

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Leoni come agnelli

Quelli di Alleanza nazionale sono fantastici. Ora che nei confronti del loro ex leader Gianfranco Fini si sta per scatenare un inferno, fanno quadrato, si dispongono in battaglia come si usava nell’Ottocento nei momenti di difficoltà: il capo in mezzo a dare ordini e tutti gli altri disposti attorno e con i fucili ad altezza uomo a sparare contro chiunque passasse sotto il loro tiro. Prima, però, gli ex colonnelli mica si comportavano in questo modo.

Troppo tardi, insomma. La classe dirigente di An deve ancora avere sulla coscienza la – triste – fine che ha fatto quel partito, ridotto a finire nell’ombra di Forza Italia – e questo era comprensibile -, ma anche attanagliato dalla Lega Nord che stava costruendo l’enorme consenso del quale può disporre Bossi e che, in alcune zone del Settentrione, arriva da ciò che fu un bacino della destra italiana. Alcuni appartenenti alla categoria dei colonnelli si fece pure sorprendere da un giornalista del Tempo ad un bar della capitale intenti a sparlare del loro generale.

Ora, come detto, si mettono a fare quadrato quando ormai non hanno nemmeno più un partito da difendere. Dispiace molto, eppure fingono di ruggire come dei leoni, perché in realtà sembrano agnelli dispersi in mezzo ad un branco di lupi. Chiedono che nel PdL non si verifichi un cortocircuito, ma se non fosse stato per Fini e per le sue lamentele, non avrebbero mai osato alzare la voce. Piuttosto dicevano che era tutto a posto, tutto in regola, smarcandosi dai primi mal di stomaco del presidente della Camera. Ora hanno deciso di farsi venire i dolori alla pancia pure loro.

Troppo tardi, anche stavolta, per dare l’impressione di voler contare seriamente qualcosa in quel gran casinò che è il centrodestra di casa nostra.

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Ingoiare la pillola

Washington si riempie di manifestanti. Stavolta non perché l’amministrazione repubblicana ha deciso che è giunta l’ora di bombardare da qualche parte nel mondo. No, i repubblicani sono stati fatti fuori dal Messia, tale Barack Obama. L’uomo del sogno, dello slogna “Yes, we can” e della giustizia sociale. Gli americani, però, non vogliono la sua riforma sanitaria e quindi si sono riversati nelle piazze. I giornali – non solo di casa nostra – fanno intendere che sono pagati dalle lobby delle assicurazioni. Se fosse così, nulla di cui meravigliarsi: non sarebbe lobby.

E se ci fosse dell’altro? Riforma sanitaria = riforma economica. Se semplicemente gli americani non ne potessero più dei piani di rilancio della Casa Bianca e avessero colto l’occasione della riforma sanitaria per dire a Obama che è ora di smetterla? E’ una supposizione, nient’altro. Mica possiamo essere tutti dei Caretto.

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