Archivi del mese: febbraio 2009

Il travaglio di An

Dove va Alleanza nazionale? Bella domanda, perché tanto si è parlato del Pdl e spesso si è finiti per discutere di Forza Italia. d’altra parte l’idea del partito unico di centrodestra è venuta a Silvio Berlusconi; lo stesso che ha ideato FI. Gianfranco Fini, sulle prime, aveva detto che no, quella faccenda del predellino in piazza San Babila a Milano non era di suo gradimento. Ora i discorsi sono cambiati e quello che è ritenuto il partito della destra italiana sta per sciogliersi. Un processo indolore per Forza Italia, che partito vero non lo è mai stato. E poi il transito lo ha comandato il capo, al quale nessuno ha mai detto no. Un trauma per An, con tutta la sua organizzazione territoriale e le sue anime, una diversa dall’altra e contraddittorie.
Nel mese che anticipa il congresso del Popolo della libertà, è un fiorire su internet di vecchi video che hanno per protagonista Giorgio Almirante e il Movimento sociale. La fiamma, quell’elemento che le correnti più berlusconiane del partito di Fini avevano già proposto di levare in diverse occasioni. Se ne faceva sempre portavoce Ignazio La Russa di questa idea, poi naufragata tra un mare di parole. I militanti guardano indietro, al passato, e magari pensano: rinnegare mai, ma restaurare? Vale a dire: nel Pdl restaureremo un po’ di Alleanza nazionale?
Da una parte un movimento che ci guadagna (Forza Italia), dall’altra uno che ci smena, costretto a scendere a patti con un mondo troppo diverso: sorrisi, convention dove si decide poco se non nulla, un leader carismatico che al suo addio lascerà un vuoto dietro di sé. An ha sempre cercato di far capire che non è così, già dalla base. Perché Atreju, ad esempio, è roba che appartiene ai giovani di destra, i giovani azzurri non saprebbero nemmeno da che parte cominciare a organizzare un progetto come quello.
Fini ha provato ad alzare la voce, a pretendere un congresso costitutivo che abbia tutti i crismi per chiamarsi tale. Una base “burocratica”, come la sua scuola politica insegna. Berlusconi ne farebbe volentieri a meno. Ma probabilmente dovrà cedere, perché è nella logica dei fatti. E nella logica dei fatti è che Alleanza nazionale metta in conto che la fusione è cosa da fare: se non fosse stato per il Cavaliere, il suo travaglio politico sarebbe stato ancora più doloroso. Almirante è stato. C’è un nuovo mondo davanti.

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Tacco 12 in libertà

Ci sarà da azzuffarsi anche sulla cravatte (si spera sempre nell’editto che vieti i nodi larghi), sui tacchi, sui predellini, sulle scollature delle ragazze, solitamente più accentuate in Forza Italia.

Annalena Benini sul congresso prossimo venturo del Pdl (Il Foglio, venerdì 27 febbraio 2009)

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Dario prova a fare il nordista

Dario Franceschini è al lavoro: lo ha fatto intendere sin dalla sua incoronazione a segretario del Partito democratico sabato, dopo il terremoto Sardegna che ha segnato la fine della deludente avventura di Walter Veltroni. Ed oggi ha presentato la sua segreteria: snella, nove persone soltanto e decisa in solitudine, ma anche “in fretta, perché mancano solo cento giorni alle Europee”. E’ il caso, quindi, di farsi trovare preparati.
Dario e i suoi amici Via i vecchi, dentro i nuovi. Con un po’ di Emilia (d’altra parte Franceschini è di Ferrara), un po’ (tanto) di Nord e un po’ di Sud. Ecco gli otto nomi che vanno ad aggiungersi a quello di Dario: Vasco Errani (presidente della Regione Emilia Romagna), Sergio Chiamparino (sindaco di Torino), Fabio Melilli (presidente della provincia di Rieti), Maurizio Martina (segretario regionale del Pd in Lombardia), Elisa Meloni (segretario provinciale del Pd di Siena), Federica Mogherini (parlamentare), Giuseppe Lupo (consigliere regionale in Sicilia). Infine Maurizio Migliavacca che assumerà la funzione di dirigente dell’area organizzazione.
Non cambieranno invece i capigruppo del Pd a Camera e Senato: “Non spetta a me. Sono stati eletti dai gruppi e hanno lavorato bene – ha detto Franceschini -. Quindi non vedo il motivo di inserire elementi di instabilità. Del resto nessuno mi ha posto il tema delle presidenze dei gruppi”.
“Una decisione presa da solo” Il neo segretario ha appreso subito anche l’arte del comando che richiede, in alcuni momenti, di prendere le decisioni da soli e con poco tempo a disposizioni: “Mancano cento giorni alle europee e non c’è tempo da perdere. Normalmente i passaggi come questo richiedono tempi di riflessione, ma l’urgenza di avere un Pd non provvisorio mi ha spinto ad accelerare la scelta”. Questa poi è avvenuta “in solitudine” e “ho fatto quello che avevo detto all’Assemblea nazionale e che essa mi aveva chiesto. Ho scelto in fretta e non ho trattato con nessuno”.
Nessun riferimento al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: è forse questa la vera notizia della nuova era appena cominciata.

Dario Mazzocchi, Libero-news.it

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Il volto della speranza

Barack Obama, presidente degli Stati Uniti

Barack Obama, presidente degli Stati Uniti

Questo Barack è sicuramente un passo avanti a tutti. Non si fa altro che parlare di lui.

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Peres chiede a Benjamin Netanyahu di formare il governo

Bar Rafaeli, modella israeliana

Bar Rafaeli, modella israeliana

Ultime notizie da Israele

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Bollettino dal fronte democratico

Ecco come sono veramente andate le cose lunedì sera, quando si faceva sempre più reale la disfatta del Partito democratico in Sardegna.
Mentre Massimo D’Alema percorreva l’autostrada che l’avrebbe portato a Gallipoli e da qui sarebbe salito a bordo della sua nave, perché lui già sapeva che era il momento di salpare per altri lidi, Walter Veltroni se ne stava comodo sul divano di casa sua a guardare il dvd di “Caos calmo”, domandandosi se davvero Nanni Moretti ed Isabella Ferrari, i suoi due grandi amici Nanni Moretti e Isabella Ferrari, avessero fatto del sesso vero e non finto. In mano carta e penna per farne una recensione da spedire il più presto possibile al mensile di casa Mondadori Ciak dal titolo: “Se anche Nanni ce la può fare”. A Roma la sera scendeva tranquilla e placida, il loft del Pd era altrettanto tranquillo e placido perché l’unico dei big presenti, Dario Franceschini, si era ritirato nel suo ufficio a sgranare la corona del rosario: “Ti prego, fa che vada tutto bene! Non voglio essere io a prendermi la briga di salvare questa accozzaglia”, ripeteva tra un mistero e l’altro. Arturo Parisi, al contrario, memore dei suoi studi militari alla Nunziatella, lustrava le ali di un vecchio Macchi pronto a prendere nuovamente il volo verso Bologna e, come uno Skorzeny qualunque, liberare dall’esilio felsineo Romano Prodi. Mario Adinolfi mangiava.

Una falsa quiete interrotta dai continui sorpassi: vince Soru! No dannazione, Cappellacci è in testa! Ma che dici? Vinciamo noi! E quando mai, guarda i dati! Siamo sotto. Tra un dato e l’altro, poi calava il silenzio in attesa che al loft si facesse vivo Walter. Ma lui era ancora a casa sua, con il fermo immagine puntato sulle espressioni di Nanni e Isabella: “Mi sa che facevano sul serio davvero”, pensava costantemente. D’Alema nel frattempo aveva sciolto i nodi ed era in mare aperto, diretto in Spagna da Zapatero.

In un convento sui colli di Frascati, la Binetti e la Bindi erano seriamente tentati dal prendere i voti. Quelli monacali, ma qualcosa le tratteneva. Non riuscivano a fare a meno di sentire dentro di loro il richiamo dal loft: “Le crocerossine! Dove sono le crocerossine?”. Armate di cilicio scesero lungo il Tevere e giunsero all’accampamento, dove oramai la quiete si era trasformata in un putiferio. “Stiamo perdendo, il fronte sardo ha ceduto. Soru è sotto di cinque punti! E Veltroni, dalemianamente, è fuggito!”.

Solo un uomo manteneva la calma. In un’osteria di Bettola, rintanato nella Ridotta della Val Nure, Bersani affogava i pensieri in bicchieri di ottimo Gotturnio e nel fumo di fragranti sigari toscani. “Lasa le ad dì lucade!”, smettila di dire scemate, ripeteva al cameriere arruolato come messaggero fra la televisione e il suo tavolo. “E’ impossibile che stiamo perdendo l’isola!”. Ed invece il povero garzone che correva da una spola all’altra della bettola, intesa come osteria e non come paese, aveva con sé dispacci ufficiali: la Sardegna di Soru era andata perduta.

Inutili i telegrammi e le chiamate dal Continente: le linee Tiscali erano mute, il golpe balneare era riuscito alla perfezione. Nel loft si assisteva alle prime scene di schizofrenia, mentre il rumore di un aeroplano indicava che Parisi si era messo in volo verso la felsinea centrale dell’Ulivo. Inutili anche i colpi di artiglieria per abbattere il Macchi. Veltroni era sempre alle prese con le scene di “Caos calmo” e rifletteva: “Almeno noi riuscissimo a fingere così bene!”. Adinolfi, intanto, mangiava.

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Veltroni ringrazia e se ne va: “Ma Silvio ha creato disvalori”

Ha dato l’addio alla segreteria del Pd dopo l’ennesima scoppola in Sardegna, ma è un aspetto secondario perché Walter Veltroni ha impiegato gran parte del tempo della sua conferenza stampa a criticare Berlusconi. Precisando che il suo non è “antiberlusconismo, ma una critica come accade in qualsiasi democrazia”. L’Italia è divisa, in crisi, senza valori perché il leader della maggioranza “ha vinto la battaglia dell’omogeneità”, “ha creato un sistema di disvalori” e gli italiani si sono fatti abbindolare.
Sono passate da poco le undici quando Veltroni fa il suo ingresso alla Sala Adriano, in piazza Di Pietra a Roma. Via la cravatta, niente formalismi, prende subito la parola comparendo quasi per caso tra i flash dei fotografi, precisando che sarà una conferenza stampa “senza domande e risposte”. Un po’ come al Lingotto in occasione della sua consacrazione a leader del Pd. E passa in rassegna ciò che è stato a partire dal 1996, l’anno in cui doveva nascere l’idea del Pd dopo la vittoria elettorale di Prodi e dell’Ulivo. “Oggi il Pd è nato con uno straordinario momento di democrazia come le primarie. Lo sognavo da dieci anni, è stata la realizzazione di un sogno politico”, dice quasi commosso l’ex sindaco di Roma ed ex segretario del maggiore partito di centrosinistra che “dal 1994 non è in grado di raccogliere la maggioranza dei voti degli italiani”. Insomma, da quando è arrivato Berlusconi sono cominciati i guai.
Veltroni augura al Paese una svolta come quella negli Stati Uniti o quella di Blair in Gran Bretagna, perché non occorre un cambiamento di governo, ma il cambiamento di una nazione intera. “Il Pd l’ho visto a Spello, al Lingotto, alle elezioni, nella campagna elettorale più bella che abbia fatto, alla scuola si Cortona”, prosegue Veltroni prima di chiedere scusa perché “non ce l’ho fatta”. Ma per fortuna il “Partito democratico non è una caserma”. E arrivano gli applausi che si ripetono quando suggerisce al suo successore, “chiunque sia”, che nella sinistra serve maggiore solidarietà ed è ora che la “sinistra vada fuori dalle stanze e in mezzo alla gente”.
Conclude ricordando Vittorio Foa, “pianta sempre verde” che era un po’ come Omero perché “scriveva ma non vedeva”, con il suo invito a guardare con ottimismo al futuro. Si è assunto “tutta la responsabilità come accade in una partita di basket quando uno commette un fallo e alza la mano”. Nel cuore porterà le immagini della manifestazione del 25 ottobre con quel tripudio di bandiere, ma oggi Veltroni davanti a quei microfoni era solo.

Dario Mazzocchi, Libero-news.it


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Lacrime democratiche di coccodrillo

Ei fu Walter Veltroni

Ei fu Walter Veltroni

Non ho mai capito questa moda di mettersi a piangere quando uno se ne va. Soprattutto se uno se ne va perché incapace di stare di dove sta, come nel caso dell’ex segretario del Pd Walter Veltroni. Lo avevano eletto con le primarie bulgare per darsi una speranza, una luce dopo il fallimento dell’Ulivo prodiano, per cadere in piedi alle Politiche ormai alla porta ed invece ha cannato tutto. Dalla A alla Z non è stato proprio un bel vedere anche per chi la pensa diversamente.

Ha abbandonato Rifondazione comunista per prendersi come alleato Di Pietro. Ha fatto fuori Prodi per pigliarsi come nemico D’Alema. Ha preso a modello di riferimento Obama ma almeno prendesse un po’ di sole, questo pallido Pd. E giù tutti a piangere e a dire che Veltroni è un capro espiatorio e quelli del Pdl a trattenersi dal commentare perché non è bello piangere della disgrazie altrui, anche se si sono rivelate manna per la maggioranza. L’auspicio è che qualcuno se ne esca con un “grazie Uolter!”.

Invece sono solo fazzoletti umidi per uno che nella vita ha avuto sempre il paracadute.

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Light Sardinia live blogging

Elezioni regionali in Sardegna. Mondopiccolo si dedica un po’ allo scrutinio dalla postazione di lavoro per il sito di Libero. Blogga anche il friulano Simone.

ore 23:30 Sono 640 le sezioni scrutinate. Occorrerà ancora qualche ora per avere i risultati definitivi. Ugo Cappellacci continua ad allungare su Renato Soru. Il candidato del Pdl è al 50,05%, mentre il governatore uscente al 45,1%. Fìscaaali!

ore 21:10 Risultati provvisori (250 sezioni scrutinate su 1.872): Cappellacci 49,6% (53.070 voti), Soru 45,7% (48.889 voti).

ore 20:50 Il candidato del centrodestra Ugo Cappellacci è avanti di 2 punti percentuali rispetto al suo avversario Renato Soru. Su 180 sezioni scrutinate Cappellacci è al 48.84%, mentre Soru al 46.50%. La coalizione che indica Cappellacci presidente è al 55.61%, mentre i partiti del centrosinistra al 41.25%. “Il risultato si misura al 90° – ha commentato Cappellacci -, è ancora presto per esultare. Noi continuiamo a essere ottimisti, l’atmosfera è positiva e viviamo questa competizione con spirito sportivo, fiduciosi per il risultato finale”.

ore 20:30 Risultati provvisori (174 sezioni scrutinate su 1.872) Cappellacci (Pdl) 48,6% (33.329 voti), Soru (Pd) 46,6% (31.959 voti).

ore 20:15 Con 153 sezioni scrutinate su 1.812 Renato Soru, è in tesa con il 48% delle preferenze, seguito dall’avversario Ugo Cappellacci al 47.45%, Gavino Sale (Irs), 1.99%, Peppino Balia (Partito Socialista), 1.32%, Gianfranco Sollai (Unidande indipendentista), 0.44%.

ore 20:00 Dopo 111 sezioni scrutinate su 1812 e 22 circoscrizionali su 1812 il candidato alla presidenza della Regione Sardegna, Renato Soru, è in testa con il 49.42%  rispetto all’esponente del Pdl, Ugo Cappellacci, fermo al 45.78%.

ore 19:50 I voti per coalizione di 125 sezioni su 1812
Soru Presidente: Pd 32.67%, IdV 6.66%, Prc 4.15%, La  Sinistra 1.84%, Comunisti Italiani 1.44%;, Rosso Mori 0.45%;
Cappellacci Presidente: Pdl 26.51%, Udc 10.41%, Riformatori sardi 6.3%, Sardegna Unita 2.62%, Partito sardo d’Azione 2.47%, Insieme per le autonomia 1.14%;
Irs, Indipendentzia, Gavinio Sale Presidente 2.04%;
Unidade Indipendentista Gianfranco Sollai presidente 0.4%;
Partito Socialista, Peppino Balia Presidente 0.7%.

ore 19:30 E’ testa a testa in Sardegna per le elezioni regionali. Nonostante i ritardi causati soprattutto dall’alto numero di contestazioni nei seggi che riguardano il voto disgiunto, i dati che arrivano dall’isola sembrano indicare una sfida fino all’ultima scheda tra il governatore uscente Renato Soru del Partito democratico e lo sfidante del Popolo della liberta Ugo Cappellacci. Addirittura, i collaboratori del candidato di centrodestra hanno comunicato che quest’ultimo sarebbe in testa. Infatti stando ai dati ufficiosi forniti nella sede elettorale del Pdl, Cappellacci avrebbe, in circa 240 sezioni, una vantaggio di circa 6.000 voti su Soru. Al momento però dopo 107 seggi scrutinati, Soru è tornato in vantaggio con il 49,7% dei voti contro il 45,3% di Cappellacci. Quello che è certo è che l’uomo del Pd ha vinto la sfida elettorale a Baradili, nell’Oristanese, il più piccolo comune della Sardegna con i suoi 95 abitanti. Soru ha ricevuto 43 voti contro i 22 del suo diretto concorrente.
L’affluenza Alle urne si è recato il 67,5% degli aventi diritto. Nelle Regionali del 2004 aveva votato il 71,2% degli aventi diritto. Secondo i dati diffusi dalla Regione, la provincia dove si è votato di più è Sassari con il 69,19%. Quella con l’affluenza più bassa è stata Carbonia-Iglesias con il 64,50%. Nel Cagliaritano la percentuale è stata del 67,58%.
I risultati di Cagliari Con 40 sezioni sulle 179 sezioni lo scrutinio per i candidati alla presidenza della Regione nel comune di Cagliari indica Ugo Cappellacci in testa con il 51.13% delle preferenze, seguito da Renato Soru con il 45.06%, Gavino Sale (Irs), 2.43%, Peppino Balia (Partito Socialista) 0.85%, Gianfranco Sollai (Unidade indipendentista) 0.53%.

ore 19:20 E’ testa a testa in Sardegna per le elezioni regionali. Nonostante i ritardi causati soprattutto dall’alto numero di contestazioni nei seggi che riguardano il voto disgiunto, i dati che arrivano dall’isola sembrano indicare una sfida fino all’ultima scheda tra il governatore uscente Renato Soru del Partito democratico e lo sfidante del Popolo della liberta Ugo Cappellacci. Addirittura, i collaboratori del candidato di centrodestra hanno comunicato che quest’ultimo sarebbe in testa. Infatti stando ai dati ufficiosi forniti nella sede elettorale del Pdl, Cappellacci avrebbe, in circa 240 sezioni, una vantaggio di circa 6.000 voti su Soru. Dati confermati dai risultati provvisori provenienti da 61 sezioni sulle 1.812 in totale: Cappellacci 48,9%, Soru 46,9%. Quello che è certo è che l’uomo del Pd ha vinto la sfida elettorale a Baradili, nell’Oristanese, il più piccolo comune della Sardegna con i suoi 95 abitanti. Soru ha ricevuto 43 voti contro i 22 del suo diretto concorrente.
L’affluenza Alle urne si è recato il 67,5% degli aventi diritto. Nelle Regionali del 2004 aveva votato il 71,2% degli aventi diritto. Secondo i dati diffusi dalla Regione, la provincia dove si è votato di più è Sassari con il 69,19%. Quella con l’affluenza più bassa è stata Carbonia-Iglesias con il 64,50%. Nel Cagliaritano la percentuale è stata del 67,58%.

Ore 18:30 Si sono chiusi i seggi in Sardegna per l’elezione del nuovo governatore dell’isola. Alle tre le operazioni di voto sono state ufficialmente concluse, ma a quasi quattro ore di distanza sono pochi i dati certi, tranne per quello sull’affluenza: si è recato al seggio il 68% degli aventi a diritto, con punte alte nelle zone dove era dato per favorito il candidato del centrosinistra Renato Soru. Brutte notizie quindi per l’uomo del Popolo della libertà Ugo Cappellacci. I risultati che alle sei e mezza sono arrivati da 5 sezioni interamente scrutinate su 1812 indicano il presidente uscente avanti con il 60,7% dei voti contro il 35,6% dello sfidante.
La lentezza delle operazioni è dovuta anche al grande numero di contestazioni nei seggi che riguardano il voto disgiunto, nonostante la Regione abbia distribuito in tutti i seggi un apposito vademecum con le varie ipotesi, dubbi interpretativi. Soprattutto quando c’è un voto di preferenza per un candidato in una circoscrizione provinciale e un voto diverso per il presidente, cioè non allo stesso candidato governatore a cui è collegata la lista.
I primi risultati ufficiali:
Soru (Pd) 59.28%;
Cappellacci (Pdl) 36.97%;
Gavino Sale (Irs) 3.2%;
Gianfranco Sollai (U. Indipendentista) 0.43%;
Balia (Ps) 0.28%.

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La palude della libertà

Il governo Berlusconi

Il governo Berlusconi

Doveva essere una rivoluzione. Invece è una palude.

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