Archivi del mese: agosto 2008

A Venezia tagliano Giovannino

di Dario Mazzocchi, Libero-news, 30 agosto 2008

Nel gennaio del 1963 Giovannino Guareschi lasciò la sua casa nel Mondo Piccolo, in quel di Roncole di Busseto, per trasferirsi a Roma. Ci rimase fino a marzo perché doveva lavorare alla sceneggiatura de “La rabbia”, il documentario a quattro mani, se così si può dire, con Pier Paolo Pasolini. In realtà tra i due non scorreva buon sangue, l’intellettuale paladino della sinistra non era particolarmente apprezzato dall’inventore del don Camillo per via non tanto delle sue posizioni politiche, quanto per lo stile di vita che lo contrassegnava. Non si videro, si tennero a dovuta distanza e raccontarono dal loro punto di vista il mondo che cambiava rapidamente in quegli anni. Pasolini elogiò il progressismo e si scatenò contro il capitalismo e tutto quello che riguardava la mentalità conservatrice. Guareschi fece l’opposto e mise in guardia lo spettatore dalle minacce del comunismo e dello scientismo imperante. Uno sguardo rivolto al futuro, tanto che di fronte alla decolonizzazione dell’Africa, espresse gravi dubbi sul fatto che i Paesi occidentali stessero lasciando piede alla Cina. Non a caso, oggi, i cinesi si sono lanciati alla conquista dei giacimenti di materie prime (e preziose) nel cuore del Continente nero.
“La rabbia” fece parlare di sé e lo fa ancora in occasione della 65esima Mostra del cinema di Venezia. Perché al lido verrà riproposto il famoso documentario, ma solo a metà. La metà che riguarda Pasolini, di Guareschi non se ne parla, nemmeno quest’anno che si celebra il centenario della sua nascita. D’altra parte lui, Giovannino, rimane “lo scrittore che non è mai nato” (L’Unità docet) e quindi avranno pensato che non è nemmeno il caso di prenderlo in considerazione come sceneggiatore. Nemmeno quando il ministro della Cultura è Sandro Bondi, uno che ha fatto pubblica ammenda per essere stato nelle file del Pci.
“Il fatto che io abbia accettato di comporre la seconda parte di un film della cui pria parte è autore PPPasolini non significa che anche io abbia aperto a sinistra. Come non significa che PPP abbia aperto a destra. L’apertura di PPP è rimasta quella che era”, scriveva Guareschi nel 1963.
“La rabbia” dunque torna fra noi, restaurata, messa a puntino, ma solo per quel che riguarda Pasolini. Una brutta storia di censura che scomoda anche Alberto e Carlotta, i figli di Giovannino, che silenziosamente si occupano dei lavori del padre, promuovendo la sua conoscenza tramite il Club dei 23, che ospita il Centro studi Guareschi dove una volta c’era il ristorante del giornalista, sempre alle Roncole. Stavolta non ci stanno e chiedono le dimissioni di Giuseppe Bertolucci dal Comitato nazionale per il centenario di Giovannino Guareschi. Sotto accusa le frasi del regista riportare oggi alla Gazzetta di Parma. Scrive Bertolucci facendo riferimento alla parte tagliata del documentario: “Guareschi è un autore che ha avuto i suoi meriti. Ma qui il suo testo è insostenibile, addirittura razzista. Una delle sue cose peggiori. Gli abbiamo fatto un piacere a non recuperarlo”. Rispondo Alberto e Carlotta Guareschi a Vincenzo Bernazzoli, presidente del Comitato: “Lei capirà benissimo che non possiamo, pur rispettando l’opinione del Maestro Bertolucci, accettare che da un autorevole esponente del Comitato d’Onore per Giovannino Guareschi escano affermazioni di questo tenore, soprattutto considerando la circostanza del centenario. Così saremmo del parere che, in qualità di Presidente del Comitato d’Onore, Lei invitasse il Maestro a rassegnare le proprie dimissioni, per permetterci di non trovarci in assoluto imbarazzo a rimanere all’interno di un Comitato dove, evidentemente, c’è chi pensa che Guareschi sia tutto fuorché un autore da celebrare”.

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Affari di famiglia

Clinton non avrà fatto ministra la Lewinsky, però Romano sapeva fare il banchiere di casa.

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Mi ricorda qualcuno…

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Un cavaliere (non così) oscuro

The Dark Knight

The Dark Knight

Ma guarda te! La lezione per resistere in questo mondo arriva – finalmente – da Hollywood. La fabbrica del bel pensiero, del politicamente corretto, della propaganda liberal che ha gà innalzato Obama a nuovo Kennedy e qui rimaniamo ancora in attesa che venga prodotto un film nel quale, chiaro e tondo, si ricorda che fu il venerato bostoniano a creare il pasticcio in Vietnam. Arriva da Hollywood, ma è solo un caso, perché questo, alla fine dei conti, è un blockbuster, una roba non d’autore, ma per far soldi. Se li merita tutti.

Batman è alle prese con un matto razionalissimo, il Joker. Inutile stare a raccontare la trama perché le avventure di Bruce Wayne le conosciamo un po’ tutte e magari qualcuno nemmeno l’ha ancora visto il film. Un matto razionalissimo che sembra tanto uno di quelli che progettano aerei che vanno ad infilarsi nei grattacieli, strategie del terrore che prevedono zainetti pieni di esplosivo nelle metropolitane o sui treni. Il caos è il suo obiettivo e lo sa creare alla grande. Meriterebbe l’oscar del terrorista perfetto che i soldi li usa per procurarsi dinamite e benzina, di far cassa non gliene frega più di tanto.

C’è un Batman alle prese con la sua coscienza. Si sente colpevole perché lui che vuole portare il bene vede sorgere il male desideroso di affrontarlo faccia a faccia. I buoni hanno la coscienza, i cattivi no. Dunque, per affrontarli e per batterli c’è solo una strategia: abbandonare le nostre regole e adottare quelle della giungla. Alla violenza si risponde con la violenza. Se volessimo fare il contrario, sarebbe come contrapporre una pistola ad un fucile. E come diceva quel film, che mica per niente è un western? Un uomo con la pistola che sfida un uomo con un fucile, è un uomo morto. Questo ci insegna il cavaliere oscuro di Gotham City che, dopo aver fatto i conti con se stesso, torna a far battaglia. Anche se sulla spalle ci sono persone care che non torneranno mai indietro.

C’è un momento, nella pellicola di Christopher Nolan, in cui Bruce Wayne/Batman chiede al fedele maggiordomo Alfred come avesse fatto a catturare un bandito che stava ricercando nella foresta della Brimania durante i suoi giorni da agente Sas. “Abbiamo bruciato la foresta”, risponde con tutto il suo british aplomb Alfred. Ma non ripetete la battuta, è un consiglio. Vi prenderanno per guerrafondaio e dal fascino del film torneremmo alla mediocrità di tutti i giorni.

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Mi piange il cuore

Ogni volta che leggo le lettere pubblicate su Liberazione. Mi commuovo perché è così: non solo i comunisti ci sono ancora, ma pure ci si mettono di impegno. Piango nell’apprezzare come siano riusciti a non diventare una specie in via di estinzione.

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Ci sarà un perché

Un augurio da farsi se un giorno dopo il Ferragosto la politica italiana, invece di andare in vacanza, fa parlare di sé. Proprio nel giorno in cui gli italiani vorrebbero farne a meno, ecco che scatta la molla che tutto disfa. Umberto Bossi a Ponte di Legno riserva sempre grandi sorprese, per grandi e piccini. Questa volta ha detto che lui l’Ici vuole rimetterla per fornire soldi ai comuni, inserendo la scelta in una strategia più ampia, quella del federalismo fiscale. Una necessità, ok. Ma perché proprio l’Ici? Perché una tassa su un bene, la prima casa, arrivato dopo i sacrifici al lavoro?

Bossi, si sa, deve arringare i suoi in alcuni momenti. Ricordare che la Lega è forza di governo, ma anche di lotta. Che fa parte della maggioranza, ma non si concede di dormire sugli allori, anzi attacca a destra e a manca. Il fatto è che questa volta ha toccato un punto chiave della scorsa campagna elettorale. Quindi sarebbe stato più opportuno calibrare meglio la sparata.

Non succederà nulla, Berlusconi assieme al fido Tremonti farà quadrare il cerchio anche in questa occasione. Rimane la domanda: ci sarà un perché? Certo che c’è: la proprietà privata, dalle nostre parti, è un limone che deve essere spremuto fino all’ultima goccia. Colpa di una cultura che per lei, la proprietà privata, non ha mai portato troppo rispetto. Il Cavaliere ha annunciato non si sa più quante volte una rivoluzione liberale. Non ci è mai riuscito perché 1) ce ne vuole per fare una rivoluzione, 2) servono gli attributi per fare una rivoluzione, 3) in Italia le rivoluzioni che occorrono sono sempre state annunciate, dichiarate, ma mai esaudite. Nemmeno Silvio ce la farà. O meglio, proverà a fare quello che potrà, per quanto l’unica cosa che gli va chiesta è di governare un Paese così.

Ci sarà un perché. O forse nemmeno: la risposta è che siamo fatti così. Ci piace rovinare le nostre ferie, amiamo troppo complicare le cose da queste parti. Solo il destino sino ad ora ha impedito che ci strozzassimo una volta per tutte. Ritorniamo in ferie, che è meglio.

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Ghita

Stando all’amico, sarebbe giuiana visto che è triestina. Solita storia di localismi che piacciono tanto anche al sottoscritto. Comunque, è italiana. E bella. E anche brava.

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La Cina è vicina

A chi si chiede che diavolo sto combinando, una riposta la trova in questo blog.

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