C’è da dare atto a Italo Bocchino, una volta tanto, di avere azzeccato qualcosa. Tipo il titolo della sua biografia. Al di là del fatto se possa uno come Bocchino permettersi un libro che ruoti attorno a lui, la sua è una vera storia di destra. Di destra berlusconiana, per quanto possa andargli di traverso l’associazione tra la sua esperienza di vita politica e un aggettivo che ormai adopera in modo accusatorio non appena una telecamera lo inquadra. Lo ha fatto anche ieri, ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, quando ha chiesto scusa alla moglie per le corna con il ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna.
Una relazione ormai alla luce del sole, complici le dichiarazioni della consorte a Vanity Fair e l’ammenda del falco di Futuro e libertà. In molti si attendono un commento delle terza incomoda, della Carfagna, ma possiamo anche farne a meno. La vicenda ha comunque tutti i tratti del cosiddetto “berlusconismo”, intendendolo alla maniera di Bocchino: pubblico e privato che si mischiano, segreti da nascondere, atteggiamenti moralmente da condannare, piacere personali che si uniscono agli interessi della nazione. Il peggio del peggio agli occhi del popolo che settimane fa si è dato appuntamento al Palasharp di Milano. Ma ovviamente nessuno di costoro lo fa notare.
Nessuno avanza platealmente il sospetto che il ministro Carfagna possa aver fatto carriera politica grazie al rapporto con l’esponente futurista. Nessuno grida allo scandalo e nessuno osa accennare alla vergogna, nemmeno a carte scoperte. Non c’è alcuna guerra a colpi di fango, solo Bocchino e il suo entourage ne rimangono convinti. Tutti gli altri stanno zitti e al massimo intervengono le penne rosa del giornalismo a commentare le tribolazioni sentimentali.
Tutto torna: non c’è di mezzo Silvio Berlusconi.