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I soliti noti

E’ finalmente finita, in un certo senso. Barack Obama ha vinto, John McCain ha perso e sono tutti contenti in questo mondo. Contenti loro. Già si elevano le voci: il cambiamento c’è e si vede, un presidente nero alla Casa Bianca. America anno zero, vanno dicendo i soliti noti. Dimostrando di non aver capito alcunché, perché l’elezione di Obama non è un inizio, ma semplicemente il proseguio di una storia che iniziò nel 1776.

I soliti noti stanno saltando sul carro del vincitore. Poco importa se lo fa pure Veltroni, lui è fatto così: ha perso cercando di imitare il collega (?) americano e ora si rifà (o spera di farlo) lanciandosi nelle solite lezioni di retorica. Uno sconfitto che esulta come se davvero avesse vinto. A sorprendere sono quelli del Pdl che hanno fatto endorsement quando la conta dei grandi elettori ormai non dava via di scampo ai repubblicani. Tifano per Obama, sono tutti con lui. Con quale coraggio?

Con il coraggio di chi pensa da europeo di fronte all’attualità statunitense. Il nuovo, il cambiamento, il sogno americano: credono che basti così poco per giustificare le proprie posizioni. Restiamo così in attesa: quando l’inquilino della Casa Bianca deciderà di cambiare strategia internazionale, i nostri che faranno? Andranno di fronte ai microfoni affermando che è giusto, che mica si deve continuare a fare come chiedeva Bush. Ricorderanno che proprio Bush aveva le sue ragioni, ma le ha pure Obama. Qui non smettono di dire che, per rilanciare l’economia, bisogna aiutare le aziende, gli imprenditori, anche quelli che stanno bene. Obama punta in altra direzione. Che faranno? Diranno che sì è giusto pensare agli imprenditori, ma non così tanto.

Perché accade tutto questo? Perché in Italia si spacciano per conservatori, in realtà non sanno nemmeno loro come continuare a fingere di esserlo. Noi dagli americani dovremmo solo imparare, invece ci impicciamo degli affari loro senza levarci di dosso i nostri panni.

God bless us.

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Election 2008, I’ll be there

Mi trovate qui, a parlare e intento a spacciarmi per esperto. Certo sarò pro McCain. Sarò l’ultimo a cedere.

Ps: Ferrara strepitoso oggi sul Foglio.

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Forza old John!

I due cowboy che stanno viaggiando attorno a Washington raccontano le ultime ore della lunga campagna elettorale e, lo si capisce benissimo, si stanno divertendo un mondo. Ne respirano il profumo e il fascino da quella parte dell’Oceano mentre, sulla riva europea, sopravviviamo alla solfa dei mainstream media che, ormai, hanno incoronato Obama presidente degli Stati Uniti. E’ probabile ceh accada nella stessa misura in cui è probabile che sia il vecchio John a vincere, perché alla fine i sondaggi dovranno lasciare il posto ai voti reali. Sopravviviamo e sopravviveremo anche di fronte al trionfo democratico con un black commander in chief: quando siederà nel vero studio ovale, e non in quello nel quale si è fatto ritrarre nel lungo spot elettorale dei giorni scorsi, imparerà pure lui, l’uomo del cambiamento, che certe cose è meglio non toccarle e conviene adeguarsi al peso del potere.

Da queste parti si tifa per McCain, si è capito. Non è il nostro candidato preferito, ma siamo repubblicani fino al midollo e per Obama non abbiamo grande stima. Colpa anche di coloro che, sempre in questi ultimi giorni, gli menano sfiga: sono così innamorati di lui che per forza di cose temono un attentato nei suoi confronti. Al punto che i nostri quotidiani erano stracolmi di dossier, approfondimenti e particolari, retroscena, viaggi all’intero della galassia nazista a stelle e strisce. Dall’altra parte dell’Oceano, la notizia era piccina piccina, mica una apertura o robe del genere. E’ il solito vizio di casa nostra: ragioniamo con la testa ancorata all’Europa e, per fortuna loro e un po’ anche nostra, gli Stati Uniti sono un affare completamente diverso.

Qui, nel senso di questo blog, crediamo ancora al reduce del Vietnam che si trovò impelagato in un pasticcio kennedyano (la guerra del Vietnam, per l’appunto), al vecchietto che ha sconfitto un cancro ed è un po’ malconcio per le ferite che si porta dietro. Non cediamo alle tentazioni delle sirene che avvertono: rischia di crepare prima di concludere il mandato e al suo posto ci troveremmo la Palin. Questi davvero, se non menano sfiga a qualcuno non sono contenti. Crediamo al contrario all’uomo dell’Arizona perché in lui vediamo il realizzarsi delle opportunità che gli Stati Uniti sanno concedere. E’ troppo facile presentarsi come il candidato di colore che poi, sotto sotto, mica è cresciuto in un Bronx. Ci sono nigger che di Obama non si fidano, perché dovremm farlo noi? A costo di essere accusati di razzismo.

Martedì, il primo dopo il primo lunedì del mese come legge comanda, si vota. E’ dura, ma la corsa è ancora lunga e imprevedibile. E comunque vada, poi dalle finestre dello studio ovale il mondo appare totalmente diverso. Lì si presenta in tutta la sua tremenda realtà il cambiamento. Forza, old John!

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These boots are made for walking

Pare che Jessica Simpson sia una sostenitrice di John McCain alle Presidenziali. Ora, da queste parti già preferivamo Maverick al fighetto Obama. Ora siamo ancora più convinti della scelta.

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Donna di frontiera

La roba peggiore che è stata scritta su Sarah Palin appartiene al Corriere con quel titolo per il pezzo della Rodotà: Sarah “Barracuda” a caccia di hillariste. Ma davvero in via Solferino non sapevano fare di meglio? Pazienza, ovviamente quando si affida la politica estera ad una che di cognome fa Rodotà è impensabile immaginare che azzecchino il punto nevralgico della nomina della governatrice dell’Alaska a vice presidente nel ticket repubblicano. John McCain non va alla ricerca del voto dei bianchi, lo ha già. Semplicemente va alla ricerca del voto dei conservatori più tosti di lui. L’Europa, e quindi anche l’Italia, sono però così egocentriche che qui crediamo ancora a questo genere di storie solo perché ci piacciono. Lui, ovviamente, lo ha detto sin dall’inizio che la Palin non ha niente a che vedere con l’allegra combriccola democratica.
Sarah Palin ha messo al mondo cinque figli, uno down, ma che vuol dire? Il modo con il quale i mainstream media hanno focalizzato l’attenzione su di lui indica come i liberal si credono gli unici normali al mondo. La Palin è contro l’aborto, però è pro pena di morte. Ovviamente dalle nostre parti non capiremo mai come sia possibile un accostamento di vedute tali, ma gli Stati Uniti hanno un’altra storia. E’ per il porto d’armi, fedele al motto che non sono le pistole ad uccidere gli uomini, ma è l’uomo che uccide l’uomo. Altro concetto che da queste parti non si può intendere. Viene dal grande freddo, dall’Alaska, terra di frontiera. Era il sindaco di una cittadina, è diventata governatrice ed ora è candidata alla vice presidenza repubblicana. Una donna, conservatrice, di frontiera. Il male assoluto incarnato dietro quel paio di occhiali, da queste parti.
Quanto ci piace quell’altra parte del mondo.

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L’America di John

Di seguito il discorso che il candidato repubblicano John McCain ha tenuto il 7 febbraio al Conservative Political Action Conference, di Arlington. Con la speranza di sentirne uno simile in Italia il più presto possibile. 

Grazie. Grazie per avermi invitato. È passato un po’ di tempo dall’ultma volta che ci siamo visti e apprezzo moltissimo che mi abbiate dato questa opportunità. Sono conscio della mia responsabilità se sono, come spero sarò, il candidato repubblicato per la corsa alla Casa Bianca, e farò ogni sforzo per unire il partito e portarlo alle elezioni di novembre. Sono perfettamente consapevole che questo sforzo non servirà, che il nostro partito non ce la farà a controbbattere alle istanze di cambiamento proposte dai senatori Clinton e Obama, senza il supporto di tutti i conservatori le cui convinzioni, creatività ed energia hanno garantito il successo del nostro partito per oltre un quarto di secolo.

Molti di voi hanno duramente dissentito con alcune delle mie posizioni di questi ultimi anni. Lo capisco. Posso non condividerlo ma lo rispetto. Ed è mia speranza che seppur voi riteniate io abbia occasionalmente mancato al mio nerbo conservatore, questo non vi impedisca di riconoscere tutte le volte in cui questo nerbo è stato da me mantenuto. Di più: spero vogliate riconoscermi che la passione che metto nel difendere posizioni comuni è la stessa che ho messo per sostenere cause che provocavano il vostro disappunto. Così non fosse, vi ringrazio per l’opportunità che mi date di chiarirlo.

Sono orgoglioso di essere un conservatore, e lo ribadisco perché condivido con voi i principi cardine del conservatorismo: che la libertà è un diritto che ci arriva da Dio e non dai governi, e che il corretto utilizzo della giustizia e della rule of law nel nostro paese non è accrescere il potere dello Stato ma il proteggere la libertà individuale e le proprietà dei suoi cittadini. E come voi, so – come diceva Edmund Burke – che «la separazione fra libertà e giustzia è un male per entrambe». Ho partecipato alla mia prima assemblea Cpac invitato da Ronald Reagan: era il giorno in cui pronunciava il suo shining city upon a hill. Ero ancora un ufficiale della marina, ma le sue parole mi ispirarono e rafforzarono la mia identità politica (…).

Sono fiero, e molto, di aver servito il mio paese sotto la Rivoluzione reganiana. E se alcune delle mie azioni vi hanno fatto supporre che io avessi dimenticato la mia eredità politica, voglio rassicurarvi che non è così, e che sono orgoglioso di questo partito così come lo ero ieri. Credo oggi, esattamente come 25 anni fa, in un governo snello, nella disciplina fiscale, in una tassazione leggera, in un sistema dove i giudici interpretino e non usino le nostre leggi, e nei valori sociali che sono alla base della nostra forza: i diritti alla vita e alla ricerca della felicità, valori che ho sempre difeso.

Questi sono i miei valori e non avete bisogno di rileggervi tutti i miei discorsi per averne conferma. Lo potete vedere anche oggi, in questa campagna elettorale. Dall’Iowa al New Hampshire, al Michigan, alla Florida. (…) Tutto ciò che chiedo ad ogni americano, conservatore, moderato, indipendente o democratico insoddisfatto, è di giudicare le mie azioni nella loro interezza e vedere che non ho mai fatto promesse che non abbia potuto mantenere, a costo di critiche. E poi votate per o contro di me basandovi su queste azioni, sulla mia esperienza per questo compito e sugli obiettivi che mi prefiggo di raggiungere nel guidare questo paese. Se io sono così fortunato da essere il candidato repubblicano alla presidenza, garantirò agli americani un chiaro approccio conservatore al governo. (…). 

Spesso in America le elezioni vengono vinte con margini molto ristretti. Non sarà il caso di queste elezioni. Chiunque sia il candidato scelto dai democratici, gli Stati Uniti sarebbero governati in un modo che, a mio avviso, porterebbe indietro il Paese ai giorni in cui il governo si sentiva in potere di toglierci la libertà e di decidere per noi il corso e la qualità delle nostre vite; sostituirebbe al buonsenso e ai valori comuni della popolazione americana l’opinione confusa di ampie e crescenti burocrazie federali; porterebbe questo paese indietro alla timidezza e all’illusione di un periodo in cui evitavamo di guardare le minacce alla sicurezza che stavano acquistando così tanta forza all’estero.

È vergognoso e pericoloso che i senatori democratici stiano bloccando un’estensione dei poteri di sorveglianza che permettono alla nostra intelligence e alle nostre forze di sicurezza di difendere il nostro Paese contro gli estremisti islamici radicali. Queste elezioni riguarderanno grandi cose, non piccole cose. Ed io intendo combattere duramente per assicurare che i nostri principi prevalgano sui loro. La senatrice Clinton e il senatore Obama vogliono aumentare la misura del governo federale. Io intendo invece ridurla. Non firmerò alcuna legge senza copertura di spesa e non permetterò l’espansione di programmi federali che ci stanno mandando in bancarotta. Al contrario, intendo riformare quei programmi così che al governo passi la voglia di fare promesse che non può mantenere.

La senatrice Clinton e il senatore Obama aumenteranno le tasse.  Io intendo tagliarle. Comincerò rendendo permanenti i tagli alle tasse dell’amministrazione Bush,  taglierò le aliquote fiscali dal 35 al 25 per cento. Abolirò l’Alternate Minimum Tax. E non permetterò ad un governo democratico di aumentare le vostre tasse e arrestare la crescita della nostra economia.

Loro offriranno una grande soluzione statalista per il sistema sanitario nazionale.
Io intendo affrontare il problema con soluzioni di libero mercato e con rispetto per la libertà degli individui di fare scelte importanti per loro stessi. Loro si rivolgeranno a quei giudici federali che vogliono realizzare nei tribunali i cambiamenti politici che la popolazione americana ha rifutato con il voto.

Io intendo nominare giudici che hanno dimostrato di meritarsi la nostra fiducia; che considerano come loro responsabilità primaria il rispetto delle leggi fatte dai rappresentanti eletti; giudici del calibro di Roberts e Alito; giudici che siano affidabili per rispettare i valori delle persone e che si impegnano a difendere i loro diritti e le loro proprietà.
La senatrice Clinton e il senatore Obama ritireranno le truppe dall’Iraq sulla base di un calendario arbitrario, scritto soltanto in base all’opportunità politica, che metterà a grave rischio la nostra sicurezza.

Io intendo vincere la guerra. Dare fiducia al giudizio sensato dei nostri generali e al coraggio e all’altruismo degli americani che hanno l’onore di comandare. Condivido il dolore per le terribili perdite che abbiamo sofferto in questo processo. Non ci sono altri candidati per questo posto che apprezzino più di me quanto è terribile la guerra. Ma so anche che i costi in vite e ricchezza cui andremmo incontro, nel caso di un fallimento in Iraq, sarebbero molto più grandi rispetto alle terribili perdite che abbiamo sofferto fino ad ora. Ed io non permetterò che questo accada. Loro non riconoscono e non affrontano seriamente la minaccia posta da un Iran con ambizioni nucleari verso il nostro alleato, Israele, e tutta la regione.

Io intendo rendere inequivocabilmente chiaro all’Iran che non permetteremo – ad un governo che sposa la distruzione dello stato di Israele come suo obiettivo primario e si dichiara nemico eterno degli Stati Uniti –  di possedere le armi necessarie per soddisfare le loro ambizioni. La senatrice Clinton e il senatore Obama concederanno ai nostri critici che le nostre azioni di difesa fomentano il terribile male del fondamentalismo islamico. La loro tenacia nel combattere questo fondamentalismo sarà difettosa, proprio come il loro ragionamento.

Io intendo sconfiggere questa minaccia rimanendo sull’offensiva e mobilitando ogni agenzia del nostro governo, e i nostri alleati, nell’urgenza di difendere i valori, le virtù e la sicurezza delle persone libere contro coloro che disprezzano tutto quanto c’è di buono di noi. Queste sono solo alcune delle differenze che potranno definire le prossime elezioni. Si tratta di differenze molto significative e – ve lo prometto – io intendo discutere questi problemi da un punto di vista conservatore e combattere strenuamente per difendere i principi e le posizioni che condividiamo.  Abbiamo avuto alcuni disaccordi, e nessuno di noi può fingere che non continueremo ad averne.

Ma anche nel disaccordo cercherò il consiglio dei miei amici conservatori. Se ho la convinzione che il mio giudizio sia sbagliato, lo correggerò. E se rimango della mia posizione, anche dopo aver ascoltato i vostri consigli, spero che non dimenticherete i punti di accordo. Inizio questa battaglia assicurandovi che condividiamo un concetto di libertà che è il caposaldo delle nostre idee conservatrici. Come sapete, io sono stato privato della libertà per un periodo della mia vita, e mentre il mio amore per la libertà non è più grande del vostro, potete essere certi che il mio è pari a quello di qualsiasi americano. È profondo e costante.

Le esperienze della mia vita al servizio del nostro Paese hanno dato forma alle mie idee politiche. Sono alla base delle mie convinzioni. Io sono a favore della vita e sono un fautore per il Diritti dell’Uomo in ogni parte del mondo, perché so che negare la libertà è un’offesa alla natura e a Dio. Vi prometto che non esiterò mai in questa convinzione. So che in questo Paese la nostra libertà non sarà oggetto di una rivoluzione politica o sottomessa da un governo totalitario. Ma, piuttosto, come aveva avvisato Burke, «può essere rosicchiata, per convenienza, da diverse parti».

Io sono pronto a questo rischio e a difendermi da esso, e a trarre conforto dalla consapevolezza che sarò sostenuto dai miei amici conservatori. Mi avete ascoltato dire in precedenza che per la mia reputazione di maverick, ho trovato la vera felicità nel servire una causa più grande dei miei propri interessi. Per me, questa causa è sempre stato il nostro Paese e gli ideali che ci hanno reso una grande nazione. Sono stato un suo servitore imperfetto per molti anni, ed ho commesso molti errori. Potete provarlo, ma non ce n’è bisogno.

Conosco bene me stesso. Ma amo profondamente il mio Paese e non mi stancherò mai di servirlo. Non ce la posso fare senza i vostri consigli e il vostro supporto. E vi sono grato, molto grato, per avermi dato la possibilità di chiedervelo. Grazie, che Dio vi benedica.

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E adesso?

Giuliani non ce l’ha fatta. Il mio endorsement però rimane valido. Quindi non mi resta che dire: vinca il migliore.

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