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La metamorfosi del Cavaliere?

Che il Berlusconi di questi giorni sia un nuovo Berlusconi lo abbiamo scritto anche noi. Però ora conviene aggiustare la mira. Sorpresi dal comportamento del Presidente del Consiglio per il quale, addirittura, “se po’ ffà”, a sinistra non sanno come comportarsi. I capi ringraziano l’apertura al dialogo, i sudditi parlano poco e, soprattutto, insultano di meno Berlusconi, i giornalisti si inventano giri di parole per dire che così è bello e buono, che l’Italia in un mese è cambiata come mai ha fatto in 60 anni, che Veltroni però deve stare attento, ma è tutto così bello che non par vero. Non riuscendo a mettersi nella capoccia i motivi della vittoria della Lega, hanno spostato l’attenzione su tutto il resto.

E’ presto per dire che il clima degli anni precedenti sia cambiato del tutto e per tutto. Gli italiani si stancano presto di molte cose, quindi c’è da attendersi qualsiasi cosa. Certo è che il Cavaliere, a conti fatti, è sempre lo stesso. Ripassiamo un attimo la storia degli ultimi due anni di politica italiana. Dopo la sconfitta per 24.000 voti nel 2006, Berlusconi si rese disponibile alle larghe intese. Prodi rifiutò e si impiccò con le proprie mani. Venne considerato politicamente morto. A dicembre lo davano per impazzito dopo il salto sul predellino della sua Audi in piazza San Babila in quel di Milano. Il Pdl è una roba campata per aria, Fini era rosso di rabbia, Casini decise che era il momento di scappare prima che la barca affondasse. Casini non conta più niente. Fini è tornato nei ranghi. Il Pdl ha vinto le elezioni ed ora sta fregando a livello strategico il Pd che pareva dover spaccare il mondo.

Tutta opera di Berlusconi, che prende in contropiede i suoi avversari, focalizzando l’intera attenzione su se stesso e obbligando l’opposizione a tenere Veltroni come front man, nonostante le due sconfitte elettorali di aprile, nazionale e a Roma. Perché se davvero il Pd non vuole fare la fine dell’Ulivo e di tutta la cianfrusaglia che fu, deve tenerselo il povero Walter. In caso contrario Berlusconi avrebbe ottenuto una vittoria a piene mani: ma come? Io vi porgo la mano e voi non sapete chi deve rispondere al mio appello? Perdete tempo a fare la guerra fra voi, di fronte ai gravi problemi del nostro Paese?

E non si può escludere fin da ora che andrà a finire proprio in questo modo. Mentre Berlusconi rimarrà sempre lo stesso.

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Sentenze

«Ma come fai ad essere contento? Sei un berlusconiano e pure un po’ leghista!». E’ quello che mi sono sentito dire una volta venuti a galla i risultati di Roma. Come se fosse proibito ad un elettore di centrodestra del nord essere soddisfatto per una netta vittoria nella capitale. Invece sì, sono ben contento. Per una lunga serie di motivi, come si suol dire in codesti casi.

Anzitutto, la sconfitta di Rutelli è la sconfitta di Veltroni, ex sindaco di Roma nonché leader di quel Pd che, magari, a Roma davvero ci sperava di vincere. Almeno per rialzare la testa. Seconda cosa, ha vinto un esponente di Alleanza nazionale, che certamente commise qualche errore da ministro dell’Agricoltura, però è pur sempre un candidato che non ha mai nascosto – né si è mai vergognato – della sua storia politica. Non sarà di certo quella catenina con la croce celtica a rendermelo antipatico e distante anni luce perché cammino sul sottile confine Pdl – Lega. Almeno imparino un po’ di storia.

Concerti e notti bianche. ‘A bamboccioni, sveglia!

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Sconfitta su tutta la linea. Gotica

Ve lo ricordate il Pd? Quel Partito democratico che aveva aperto una nuova era nella politica italiana? Quello delle primarie già scontate, ma comunque sempre primarie erano? Eccolo, il nuovo Pd: sembra così vecchio dopo nemmeno tre mesi di campagna elettorale. E dopo le elezioni, dove è rimasto sconfitto dal Popolo della libertà, nato da un predellino in piazza San Babila, dato per spacciato e considerato tomba politica del Cavaliere, ora partito di governo.

Walter Veltroni, nell’ultima settimana, ha infilato ancora di più il coltello nel cuore. Ha segato dal principio l’idea di un gemello del nord, che si interessasse esclusivamente del nord e che sapesse rialzare la testa dopo il successo della Lega nord. Proprio lui, quel Walter che aveva candidato quel Calearo e che era sbarcato in Veneto e Lombardia per dire che lui del nord si sarebbe preso cura. Per fortuna, non lo sapremo mai se diceva bugie o meno.

Ps: ve lo ricordate lo spot del Pd? Carino, simpatico. Con quel tema ripreso dai Village People. Bene: avete notato il nuovo spot della Coop? Carino, simpatico. Con quel tema ripreso dalla canzone “Si può dare di più”. Ma è davvero così difficile essere originali a sinistra?

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Pensieri in libertà

La vittoria è stata grande, anzi grandissima. Al di là di ogni ragionevole previsione. Le corse clandestine lasciano il posto ai dati reali che regalano all’Italia una bellissima vittoria. A piene mani, a mani basse, come meglio si preferisce. I numeri dicono chiaro e tondo che oltre alla Camera c’è il Senato e, quindi, poche storie, i presupposti per durare e lavorare ci sono. Pertanto, niente autogol. Se è vero come è vero che l’Italia di oggi è in condizioni precarie, un passo alla volta e si andrà lontano.

Il Pd è un mezzo fallimento. Se così non fosse, a sinistra non passerebbero le ore post batosta ad insultarsi come se niente fosse. Racimolano una figuraccia dietro l’altra. Yes we can, ripeteva il caro Walter. Il caro Walter è rimasto sulla soglia del suo loft e il nuovo che avanzava è già irrimediabilmente vecchio perché la storia è sempre la stessa. Cercare di riciclarsi, vendendo fumo e giocando anche la carta Calearo per conquistare il nord. Il nord mica si fa prendere in giro. Piuttosto il Partito democratico è l’unica opposizione di questo nuovo governo di centrodestra. L’augurio è che si possa lavorare assieme quando occorre, senza scordare chi ha vinto le elezioni.

Il nord ha ruggito e tutti qui a parlare di timore-Lega. La Lega non è un timore, ma una certezza. La prima è che l’8 e passa per cento di consensi è frutto di una territorialità ripagata. Il partito di Umberto Bossi si fa sentire con i suoi toni sopra le righe qualche volta, ma soltanto perché ci tiene a ricordare a tutti che i problemi che vanno affrontati sono sopra le righe: criminalità, depressione economica – depressione perché la volontà c’è, ma viene immancabilmente decapitata dall’assoluto protagonismo statale e governativo – e prese in giro durate anni. Il successo leghista è l’insuccesso della sinistra perché la Lega, checché se ne dica, è un partito che sta tra il popolo e non si veste in cachemire.

Tutti a piangere l’assenza di una destra e di una sinistra nel Parlamento. E’ la democrazia, bellezza. Senza referendum e robe varie, il voto espresso dagli italiani ha segato le gambe a quegli agglomerati di voti che hanno stretto il laccio alla vita di un esecutivo da una parte e dell’altra. Chiedere a Prodi per avere conferma. Una volta tanto che le cose si semplificano – sperando che tale semplificazione continui il più a lungo possibile – ecco che saltano fuori i piagnistei per i vecchi tempi che dovevano essere superati. Si decidano lor signori. Di solito, meno siamo, meglio si sta.

Ha vinto chi ha saputo alzare la testa e a mostrare il coraggio di cambiare. Questo Popolo della libertà era nato da un predellino in piazza San Babila a Milano ed ora si ritrova a Palazzo Grazioli a Roma per preparare il futuro. Tutti a sfotterlo questo Silvio, dato ormai per tramontato. Fini ci ha messo un po’, ma da persona furba e saggia qual è ha capito. Casini ha preferito continuare da sé, rimanendo di un soffio a galla, sempre che davvero non si tratti di un mezzo affondamento. Ci vuole coraggio quando le cose vanno male. Berlusconi il coraggio lo aveva dimostrato nel 1994. Quattordici anni dopo, è ancora lì pronto a giocarsi un’altra finale. In attesa che scelga il futuro non solo dell’Italia, ma anche del centrodestra.

Sembra quasi impossibile che sia accaduto in Italia. Ma tutto questo ha avuto luogo qui, in questo dannato Paese che ha voluto rialzarsi.

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Agricoltore, sveglia!

Veltroni ha incontrato la Cia, quella che tu ben sai non paga le quote latte, fa tutto in nero, portando danno all’intera agricoltura italiana. Sei stato avvisato.

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Ma danno i numeri?

Pur di cantare vittoria, a Rep. fanno titoli così.

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Giullare di corte

Sarà anche una campagna elettorale smorta, ma sa regalare momenti di puro divertimento. Politico, si capisce. Ci ha pensato quest’oggi Massimo Calearo, la punta di diamante del Pd in Veneto, perché si sancisa definitivamente l’affetto di Uolter agli imprenditori.

Il Calearo oggi si è prestato alle domande dei lettori del Corriere.it e si è dato da fare per creare grattacapi ai suoi e, sembrerebbe presumibile, ai suoi colleghi di lavoro. “Il Pd è nuovo perché è l’unico partito che guarda al futuro, rompe gli schemi e ci porta in Europa con un progetto simile a quello di Blair”, ha detto. Così nella grande casa democratica non ci sono solo l’effige di John Kennedy e Barack Obama, ma da oggi pure quella dell’ex Primo Ministro britannico che è stato bravo a beneficiare dei frutti di Iron Maggie. Da pronostico, potremmo dire che lui, Calearo, sarà il prossimo Gordon Brown. Lui che dice di Bertinotti “ragiona come se ancora ci fosse il muro di Berlino”. Lui che invece guarda al 2009. Breve termine insomma.

Interrogato sulle coppie di fatto, taglia corto: “Meglio non parlarne”. E adesso il buon Uolter dovrà farsene una ragione: il paladino degli ultimi perché siano anche loro i primi avrà il suo bel da fare per assomigliare a Tony Blair. Ma il massimo il nostro Massimo lo dà quando taglia corto sulla sua presenza nel Partito democratico: “Un imprenditore non può votare per un partito non democratico, gestito da un capo. Allora guardo al Pd perché è l’unico vero atto di coraggio nel nostro sistema politico attuale, l’unico sogno che si può realizzare”.

Interessante disamina alla luce di quanto aveva avuto modo di dire poco prima: “Io sono nato imprenditore-padrone e sulla terra preferisco non avere altri padroni. Non avevo interessi ad entrare in politica, sono stato interessato dalla novità del Pd”. Lui non vuole avere padroni, eccetto l’amico Uolter, lui è uno che vuole fare per conto suo. Almeno pare di capire. Perché, solitamente, chi non vuole padroni vuole fare da sé. Forse per questo il Pd è anche il partito dei lavoratori: tranquillo operaio, qui comando io perché non voglio che nessuno comandi me, ma mi piace tanto comandare te.

Sì, è comprensibile che il discorso sia complicato, però che vi attendete da uno che, da uno a dieci, si sente vicino 9,5 al burocratico Veltroni e -3 dall’imprenditore Berlusconi?

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Espresso democratico

Bisogna cercare amici, parlare con i conoscenti, organizzare caffé nel condominio, parlare con gli amici dell’università. Se ognuno convince cinque persone, questo vale molto di più di tutte le televisioni del mondo. Lo ha detto Walter Veltroni oggi a Lodi. E’ la sua nuova tattica per recuperare voti.

E qualora qualcuno rispondesse: farti gli affari tuoi no? Che consiglio dà il maieutico Uolter?

Prepariamoci all’espresso democratico.

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Partito democraticamente ipocrita

Non si è offesa lei che si è sentita dire una cosa del genere faccia a faccia. Invece Uolter cavalca subito la polemica con una battuta tanto vecchia quanto fuori luogo: anche il figlio di un operaio può diventare avvocato. Battuta che riassume in sé 1) lotta di classe; 2) invidia sociale; 3) ipocrisia.

Certo che il figlio di un operaio può diventare avvocato. Bisogna vedere che se l’operaio sarà in grado di pagare gli studi al figlio. Fossi nell’operaio, non avrei molta fiducia nel programma economico di Uolter.

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Uolter, aricominci?

Ci ricordiamo ancora tutti cosa accadde due anni fa. Berlusconi veniva dato dai sondaggi per spacciato, finito, al punto che i suoi alleati si rassegnarono ben presto alla sconfitta e il gran recupero si arrestò sul più bello. La notizia di oggi, così, non preoccupa: se per Swg il distacco tra Pd e Popolo della libertà si è ridotto (in cinque giorni!) al 4-5%, mentre Sky oggi dava i due partiti divisi da nove punti. Il Cav. da parte sua si affida ai mebri del suo staff, quelli che, tanto per intenderci, dissero sempre due anni fa: se va a votare l’87% si può rivincere. Andò alle urne quasi l’87% e il margine era così sottile che Prodi è morto subito, anche se subito è comunque troppo tardi.

Walter Veltroni non si sbilancia. Dice di essere fiducioso del continuo recupero. Quindi fa intendere che crede ai sondaggi che lo danno in trend positivo. Dopo il tour in Veneto, l’ex sindaco di Roma è convinto di avere tutte le carte in regola per presentare decentemente il Partito democratico fra gli imprenditori. Ora dovrebbe bussare a Milano e mettersi di fronte ad una platea di commercianti, artigiani, piccoli e medi imprenditori, per l’appunto, e rispondere alle loro domande. Quelle varrebbero dieci-cento-mille sondaggi e non ci vuole un preveggente per capire che se la caverebbe male. Si, però. No, ma. Questo, ma anche quello. Flick-flock: gente così non piace a chi investe i soldi della sua vita. Non basta uscirsene con la proposta di un ministero (l’ennesimo) dedicato interamente al Nord-Est. Il leader del Pd dimostra che non ha capito nulla. Il Nord-Est non vuole un ministero per sé, desidera soltanto che nessuno gli rompa le scatole. Ministero=statalismo=assistenzialismo. Ma non doveva essere anche il partito dell’imprenditorialità?

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