Due presidenti, due misure

C’è un filo che lega Bonn e Oslo: due presidenti diversi in ogni aspetto e che la stampa da una parte critica per partito preso, dall’altra coccola sempre e comunque. In Germania, al congresso del Partito popolare europeo, il presidente del Consiglio italiano ha esportato il predellino, sfogandosi a più non posso contro la Consulta, promettendo per l’ennesima volta che cambierà la Costituzione e incensandosi un po’ (“dove si trova uno forte e duro con le palle di Silvio Berlusconi?”). Pochi minuti e l’offensiva mediatica ha avuto inizio, sostenuta dalla replica del Capo dello Stato (“Attacco violento”) e dal malumore di Gianfranco Fini.

In Norvegia, Barack Obama ha ricevuto il premio Nobel per la pace che gli fu “abbonato” quando ancora non aveva assunto alcuna decisione in politica estera, addirittura regalato sulla fiducia dalla giuria. Nel mentre, il presidente degli Stati Uniti ha predisposto un piano per l’Afghanistan dove arriveranno nuovi soldati e ha chiesto l’aiuto degli alleati della Nato a tal proposito. Nel suo discorso, ha citato Martin Luther King e John F. Kennedy, ma soprattutto ha detto che “a volte la guerra serve” per arrivare alla pace. Nulla di scandaloso da queste parti, ma guarda caso la notizia è in secondo piano. Quale notizia? Che un vincitore del Nobel della pace sia riuscito a sdoganare il termine guerra mentre riceveva l’ambito riconoscimento.

Due presidenti (uno cattivo, l’altro buono), due misure. L’avesse detto il Cavaliere che “la guerra a volte è necessaria”?

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